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 Cesare Badini - Le icone russe

Icona

k_01.jpg (141689 byte)Il termine icona deriva dal greco bizantino eikóna e in origine indicava ciò che è percepibile nella realtà attraverso i nostri cinque sensi, mentre con idea (dal greco eîdos, forma, apparenza) si intendeva ciò che appare all’occhio della mente (Platone). Anicònico indica invece l’assenza di immagini. Da secoli icona bizantina è il sinomino di immagine sacra che raffigura la divinità o i santi del cristianesimo ortodosso e orientale.

Al giorno d’oggi il termine icona ha trovato numerose applicazioni nel linguaggio dell’informatica. Le icone sono per esempio un’interfaccia grafica, mentre si definisce eidomàtica quel complesso delle attività volte a creare immagini al computer.

Iconoclastia

È necessario riflettere sul fine che si propone l’icona che si può riassumere nell’ossimoro "rappresentare l’invisibile". La distinzione tra idea (ciò che si forma all’occhio della mente) e icona, ovvero ciò che è percepibile fisiologicamente nella realtà, si inserisce nel secolare dibattito cristiano che ha visto schierati iconofili, coloro che difendono il valore e la necessità delle sacre immagini, e iconoclasti, coloro che invece le rifiutano appellandosi alla Bibbia che proibisce l’idolatria.

k_02.jpg (66440 byte)I comandamenti stabiliscono che " Non ti farai scultura nè immagine alcuna, di ciò che è nel cielo in alto, o sulla terra in basso, nè di quello che sta nell’acque sotterra" (Esodo 20,4) e pertanto nell’ebraismo non si trovano icone, ne visive ne sonore, della divinità immateriale. Il cristianesimo tuttavia ha raffigurato e venerato le immagini di Gesù Cristo, che è Dio e anche uomo, come pure ha venerato i Santi senza però adorarli. La biblia pauperum (bibbia dei poveri) non è altro che la bibbia illustrata, destinata agli analfabeti ovvero a coloro che, pur non sapendo ne leggere ne scrivere, sono in grado di vedere e possono essere istruiti con il catechismo che spiega le sacre immagini. Nell’anno 600 papa Gregorio Magno dichiara che nella pittura sacra "gli ignoranti vedono gli esempi da seguire" e le immagini sono collocate nelle chiese "esclusivamente per istruire le menti degli indotti", per commuoverli e guidarli "all’invisibile attraverso il visibile" (ad invisibilia per visibilia).

Tale posizione è stata messa in drammatica discussione tra VIII° e IX° secolo all’interno dell’Impero Romano d’Oriente, quando l’iconoclastia (730-843) ha distrutto molte icone e soprattutto impedito la creazione di nuove. I fautori dell’iconoclastia sostenevano che le icone erano sicuramente inadeguate a rappresentare una realtà sovrasensibile e nello stesso tempo temevano che tali immagini avrebbero potuto divenire così "vive" da sollecitare i sensi dello spettatore e indurlo in idolatria.

Come leggere l’icona

k_03.jpg (151334 byte)Nell’arte sacra bizantina l’icona rappresenta l’invisibile, e soprattutto ciò che non è rappresentabile,

con un codice espressivo dall’approccio del tutto peculiare. Occorre innanzitutto partire da un presupposto che a molti potrà sembrare irrazionale, ma che per un credente risulterà palese: l’icona è innanzitutto un atto di fede, perché il sacro vi è immanente.

Le icone paradossalmente non vanno viste perché Dio è immateriale e perché Lui guarda lo spettatore. Ovviamente in questa "prospettiva inversa o rovesciata" è necessario credere che dentro l’icona vi sia il sacro, il mistero che ci osserva, ma una volta accettata questa idea ecco che l’icona ci svela i suoi segreti compositivi.

Se osserviamo, infatti, un Gesù Cristo con occhi grandi e sproporzionati rispetto al volto, capiremo che la visione parte da quegli occhi, che vedono le parti del proprio volto rimpicciolire man mano che ci allontana dal centro. Così per il corpo: la testa sarà dimensionalmente più grande rispetto ai lontani piedi, che tra l’altro sono sempre visti dall’alto come quando noi osserviamo i nostri in piedi. Il trono, le architetture o altri elementi tridimensionali sono rappresentati in digradazione prospettica rovesciata: grandi sul fondo e piccoli sul davanti proprio perché la visione parte da dentro l’icona.

Fondamentale poi è l’analisi dell’ordine gerarchico: il centro dell’immagine sarà sempre occupato dalla figura principale; in alto saranno collocate le parti gerarchicamente più significative; alla destra del centro (ovvero alla nostra sinistra) osserveremo figure più importanti rispetto a quelle che si trovano a sinistra (osservare i SS. Pietro e Paolo nelle iconografie cattoliche e bizantine); notevole inoltre è il concetto di vicinanza perché chi viene raffigurato più vicino al centro è senz’altro più importante e la gerarchia diminuisce man mano che ci si allontana. Il centro è inoltre molto importante per la definizione geometrica dell’icona. Il rigoroso canone utilizzato prevede un ampio utilizzo del compasso per disegnare il cerchio, la forma più adatta per rappresentare non solo le aureole, ma anche i volti divini, perché è la più perfetta e armoniosa.

k_04.jpg (179278 byte)Un discorso a parte andrebbe fatto per l’impiego dei metalli preziosi quali argento e soprattutto oro. L’icona bizantina è detta comunemente anche fondo oro perché l’oro in fogli "matericamente" simboleggia il cielo del paradiso o meglio la Gerusalemme Celeste.

Questo fondo oro riflette la luce che sbatte direttamente negli occhi dello spettatore provocando spesso un effetto che fotograficamente noi chiamiamo di controluce. Le fotografie in controluce sono difficili da realizzare e spesso si risolvono in un clamoroso errore: le immagini così ottenute mostrano figure irriconoscibili perché in ombra, mentre prevale un luminoso e chiaro alone di contorno. Il fondo oro delle icone determina lo stesso effetto, ma non si tratta di un errore. Se lo sguardo proviene da dentro l’icona, anche la luce paradisiaca proviene dal sacro interno mettendo in controluce i volti: lo spettatore non vede più l’icona e si concentra sulla contemplazione spirituale con l’occhio della mente.

Icone russe

k_06.jpg (137843 byte)Dopo l’iconoclastia e soprattutto dopo lo Scisma del 1054, che ha visto la separazione tra cattolici e ortodossi tuttora in atto, la tradizione dell’icona bizantina ha conosciuto una importante fase creativa sotto la dinastia dei Paleologi (1261-1453), quella "Rinascenza Bizantina" che si è drammaticamente interrotta nel 1453 con la caduta di Costantinopoli sotto il dominio musulmano.

La chiesa d’oriente è però sopravvissuta alla conquista Ottomana e in area slava, soprattutto in Russia, si è venuta a creare una notevole tradizione ben documentata dal famoso monaco pittore Andrej Rublëv (regione di Mosca 1360 c. – 1430) di cui si conserva la celeberrima "Icona della Trinità" del 1411 (Mosca, Galleria Tretijakov).

k_07.jpg (139628 byte)Dipinte su tavola e con fondo di oro zecchino, le icone si caratterizzano per la loro ieraticità, la solenne frontalità, e per le ricchissime cornici in oro o argento (Riza) che vestivano a festa l’immagine divina lasciando libera la visione delle sole parti anatomiche in particolare i santi volti.

Le icone non trovavano posto solo nelle chiese, ma avevano una importante devozione domestica e popolare. Nella casa russa, infatti, era dedicato particolare riguardo al cosiddetto "angolo bello", detto anche "angolo rosso", dove era collocata l’icona in alto proprio d’angolo fra due pareti.