Liberare John Sinclair - La generazione che lottava cantando

Scritta da Michela Diomaiuta

Si può credere che siano i politici e gli uomini di potere a cambiare le sorti di un paese. Ma spesso nella storia, le grandi svolte sono state realizzate dai giovani, che con la loro rabbia e la capacità di sognare hanno davvero una grande responsabilità riguardo al futuro. Ieri come oggi cantando nulla sarà impossibile da conquistare! La vicenda vissuta da John Sinclair ne è una conferma! Roberto Molinaro presenta la storia di una generazione che lottava cantando.
Quella di stasera è la cronaca di una vicenda straordinaria, che ci permette di comprendere quanto ognuno di noi possa dare un contributo per cambiare la storia di un paese. La vicenda accaduta a John Sinclair fu come un SOS lanciato da un’intera generazione di giovani, che scoprirono quanto la forza dell’aggregazione potesse dare la possibilità di vincere delle lotte ideologiche anche contro i potenti. Quei giovani, cantando, risposero a quella parte di America che alla musica, preferiva la guerra in Vietnam.

John Sinclair ascoltava le parole di uno speaker della radio che parlava proprio del suo caso, mentre si trovava richiuso in una prigione del Michigan. Chi era quell’uomo che sul finire degli anni ‘60 era stato una delle personalità più attive della contestazione? John era uno di quei giovani che volevano un’America diversa, destinata ad essere un paese leader e quindi con la responsabilità di prendere sempre la decisione giusta. Sinclair protestava contro la guerra in Vietnam ed era a favore della liberalizzazione delle droghe. Per molti era un eroe ed un sognatore; per altri un vero e proprio criminale.
Una parte di America chiedeva pace e libertà per poter fare le scelte culturali che si preferivano senza doversi nascondere. Contrapposta a quella parte ne esisteva però un’altra non meno forte, ed era quella che riteneva gli afroamericani dei cittadini di serie B, e che credeva nella famiglia patriarcale e conservatrice. Quei valori borghesi non appartenevano di certo a John Sinclair, che in una circostanza che ancora oggi lascia tutti sbalorditi si ritrovò al centro di un caso giudiziario clamoroso.
Il giovane John Sinclair amava la poesia di Allen Ginsberg e credeva realmente che un giorno gli Stati Uniti avrebbero potuto anche avere un presidente afroamericano, fatto che ormai non sembra essere più soltanto un utopia. John era certo che anche con il suo contributo il suo paese un giorno sarebbe stato davvero una grande democrazia, senza i limiti che spesso ha mostrato. Ma Sinclair era un provocatore, un artista che era pronto a qualsiasi sfida con il potere. Ma quanto gli accadde, per sua stessa ammissione, non lo avrebbe mai potuto nemmeno immaginare.

Erano anni in cui la divisione culturale in America era molto netta, e chi faceva uso di sostanze stupefacenti poteva subire anche condanne ad oltre 10 anni. John Sinclair però stava per vivere una vicenda che lo avrebbe tramutato nel protagonista di un caso destinato a entrare nella storia. La sua colpa era legata a due spinelli di marijuana. Quelle due canne gli sarebbero costate molto care, se non fosse stato per una protesta di solidarietà che avrebbe sconvolto l’intera opinione pubblica, confermando quanto quegli anni fossero straordinari.

Con la sua aria sempre ironica John Sinclair era un personaggio simpatico, dalla testa riccioluta e piena di capelli . Aveva un aspetto buffo, ed era sempre gentile nonostante le sue accuse roventi contro le scelte della Casa Bianca. In quegli anni, infatti, non si poteva essere morbidi contro chi sembrava del tutto ignorare che per portare avanti la guerra in Vietnam, tanti figli non avrebbero mai avuto un padre, ed interi sogni, in un istante, sarebbero stati disintegrati da un proiettile. 
John senza starci più di tanto a pensare un giorno avvicinò una ragazza e provò a parlarle. La sua era sana voglia di socializzare, e perciò le offrì due spinelli. All’iniziò Sinclair non si accorse affatto che si stava per mettere in grosso guaio, e pensò che il suo gesto di cortesia sarebbe stato ricambiato con un sorriso e, magari, con qualcosa in più. Ma John si sbagliava. Quella donna, sotto il suo aspetto da hippie, aveva un segreto.

L’America dei primi anni ‘70, le lotte per la pace e l’uguaglianza dei diritti, la musica e le droghe. Era quello lo scenario in cui John Sinclair offrì quei due spinelli ad una ragazza, che improvvisamente si tramutò nella figura più temuta da quei giovani che sognavano di poter essere liberi di provare qualsiasi tipo di esperienza. Quella donna era un’agente in borghese, e dopo aver accettato gli spinelli dalle mai di John, lo arrestò.

John Sinclair aveva compiuto uno dei peggiori reati in quell’America, che viveva una profonda lotta generazionale. Fumare spinelli ed offrirli era una colpa gravissima, e l’arresto avvenne in modo tale da non poter lasciare spazio a dubbi. John però era certo che quell’agente fosse stata inviata da qualcuno verso di lui perché da anni aveva mostrato la sua insofferenza verso i bigotti e spesso era stato protagonista di continue proteste. Sinclair era sicuro di essere stato incastrato.

Come eliminare un uomo scomodo capace di essere un leader per la sua capacità di affascinare gli altri? Dimostrare che possedeva droghe, in quegli anni, era di certo un ottimo metodo. John Sinclair sapeva di essere stato colpito soltanto perché aveva mostrato di essere un ribelle, e questa verità la sapevano molti di quei giovani che lo conoscevano. Fu così che in America molti ragazzi iniziarono a protestare e a difendere John, che improvvisamente si trovò in una situazione giudiziaria gravissima.

John Sinclair per il solo fatto di essere stato trovato in possesso di due spinelli avrebbe dovuto scontare oltre 10 anni di carcere. A molti quella pena sembrò un paradosso che faceva sembrare la giustizia soltanto un mezzo per compiere abusi di potere verso un cittadino scomodo. In pochi giorni del caso Sinclair si iniziò a parlare in tutto il paese. E molti uomini di potere cominciarono a preoccuparsi.

Il caso Sinclair sembrava a tutti la metafora perfetta di un paese in cui chi esercita il proprio diritto di protestare contro il potere viene allontanato dalla vita pubblica. Come atto di solidarietà, ma anche di sfida verso quella giustizia, in breve diversi amici di John iniziarono a pensare a come e dove far radunare tutti i giovani che volevano in qualche modo contribuire alla sua immediata scarcerazione.
Protestare contro la sentenza che condannava John Sinclair a oltre 10 anni di galera, fece nascere un motto che per molti giovani divenne un urlo di rabbia verso il sistema. Ten fon Two! Dieci per due. Dove dieci erano gli anni di galera, e due gli spinelli. Il caso scoppiò come un ordigno mediatico, e ben presto a quella manifestazione per liberare John, aderirono diversi artisti di grande popolarità.

Quando gli amici di John Sinclair iniziarono ad organizzare un concerto che avesse anche un valore di protesta, provarono a coinvolgere tanti musicisti, proprio per far accorrere il maggior numero di persone all’evento. Il luogo in cui si sarebbe svolta quella manifestazione era la Crysler Arena di Ann Arbor. Ormai negli ambienti underground si sapeva che, cantando, avrebbe avuto inizio una grande rivoluzione culturale.

Mancava soltanto una settimana al grande evento e John Sinclair, rinchiuso in prigione, sapeva in quanti si stavano mobilitando per lui. John era consapevole che quel gesto di solidarietà aveva un enorme valore politico, in quanto chiunque un giorno si sarebbe potuto trovare a vivere una vicenda simile alla sua. Finalmente, tutto era pronto per iniziare a cantare. Fra l’altro, uno degli organizzatori del concerto provò a contattare Yoko Ono, la moglie dell’ex Beatles John Lennon. Ma si trattava soltanto di un tentativo: nessuno credeva che la coppia potesse accettare l’invito.

John Lennon nei giorni del caso Sinclair era una delle personalità più discusse d’America, e da una parte del potere era considerato uno scomodo oppositore a tante posizioni della Casa Bianca. Era un idolo per i giovani, un gigante della musica, forse in quel momento insieme a Bob Dylan era davvero l’emblema stesso della contestazione. Fu una sorpresa straordinaria per tutti quando quel ragazzo che veniva da Liverpool accettò di partecipare al concerto per John Sinclair.
Quando si trovava ancora in carcere a John Sinclair venne data la notizia che John Lennon aveva accettato di partecipare al concerto di protesta, e in più aveva annunciato che avrebbe scritto un brano musicale a lui dedicato. Sinclair in principio non volle neanche crederci. Ma poi comprese che non era uno scherzo. Ormai era chiaro a tutti: quel caso aveva scosso a tal punto la rabbia dei giovani, che si sarebbe tramutato in una risposta potentissima a tutti gli abusi di potere di una giustizia, che condannava un uomo a 10 anni di galera per avergli trovato in tasca due spinelli.

Il concerto ebbe un successo straordinario e lo sguardo dell’informazione non poté ad ignorare quanto accadde. I milioni di giovani americani che ascoltarono alla radio la manifestazione, insieme a John Sinclair, capirono che qualcosa stava cambiando. La voce di John Lennon che cantava per far liberare un uomo e condannare chi invece voleva la guerra in Vietnam, fu uno dei momenti più importante per la storia culturale degli Stati Uniti.
La maggioranza dei giovani che assistettero al concerto, era certa che ci sarebbe stata una controffensiva da parte di quel tribunale che aveva condannato John Sinclair. Ma le reazioni furono del tutto inattese. A John fu fissato un nuovo appello, e soltanto pochi giorni dopo l’evento venne liberato. Dopo quella vicenda molti giovani capirono che cantando in coro avevano realmente cambiato la storia di un paese.

Guitar Army - Il '68 americano tra gioia, rock e rivoluzione.

Nelle pagine di questa autobiografia Sinclair intreccia le sue personali vicende con quelle dell'“altra America”, di beatniks e sassofonisti neri in rivolta, profeti del rock&roll e leader radicali delle Pantere Nere. Storie di studenti scappati da casa e di reazionari pronti a sfondare le porte delle comuni, di santi psichedelici e poliziotti che vogliono imporre l'ordine a ogni costo. Due mondi all'opposto che si contendono il primato dell'America degli anni Sessanta e Settanta.

Leader delle Pantere Bianche, più volte incarcerato per possesso di marijuana e offese a pubblico ufficiale, John Sinclair ha incrociato i mille percorsi dell'altra America e non ha ancora smesso di farlo. Dall’esilio di Amsterdam, dove vive, suona e complotta contro l'odierno sogno americano – e non solo – di ordine e di plastica

Va tutto bene / It’s all good

è un’antologia fatta di storie, articoli, poesie – con tanto di colonna sonora consigliata – che rende omaggio alla leggenda dell’Altra America, quella che ha stregato e conquistato il mondo senza ricorrere ad armi e ricatti economici.

Un racconto “a caccia” di quella suprema forma di arte afroamericana, il jazz/blues, che come un virus ha colpito Sinclair sin da bambino, rendendolo incapace di sopportare ingiustizie e discriminazioni. Egli racconta la decadenza della culla dell’industria automobilistica, Motor City, gli splendori e le miserie dell’utopia controculturale e la sempre sorprendente vitalità della cultura nera. Una storia che attraversa le rivolte dei ghetti neri (“rivolte” e non “rivolte razziali” come lui tiene a precisare) e lo scatenamento dionisiaco hippie. Dalla Detroit black e beatnik al periodo psichedelico, dal Delta del Mississippi, culla del blues, all’esilio ad Amsterdam.

No other photographer has so well captured the intense, creative, high-energy spirit and times of Detroit in the 1960s and 70s. Leni Sinclair  is a thoughtful photojournalist, someone her subjects easily trust, an insider with an energetic, sensitive, and honest eye. Leni has always wanted to show her subjects in the best light, and people always look great in her photos.