il colore in kandinsky
5. Il colore in Kandinsky (Alessandra Pino)
Kandinsky è dotato di una straordinaria sensibilità per il colore, ed è soprattutto attraverso il colore che si avvicina all'arte astratta: l'opera d'arte può vivere di semplici accordi di macchie colorate, non ha bisogno di riferimenti naturalistici e di conseguenza l'oggetto perde importanza e infine si dissolve. Pur non sottovalutando H problema della forma alla quale, come vedremo, il colore è strettamente collegato, è evidente che Kandinsky attribuisce a quest'ultimo un'importanza fondamentale almeno negli anni monacensi, nei quali mette a punto una vera e propria teoria del colore. Il colore provoca forti emozioni in quanto è rivelazione di un mondo interiore, "altro", è l'elemento irreale delle cose, ricco di allusioni al mistero dell'esistenza. Quello che conta non è l'effetto sensoriale che esso produce, ma la risonanza spirituale: "Il colore è il tasto. L'occhio è il martelletto. L'anima è un pianoforte con molte corde. L'artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l'anima." La scelta di un colore, come quella di una forma non può essere casuale, ma deve seguire la legge della "necessità interiore" che, come sostiene Kandinsky, consente di stabilire un contatto efficace con l'anima umana.

A questo argomento centrale sono dedicate le pagine più avvincenti e appassionate dello Spirituale nell'arte, dove Kandinsky si dilunga a descrivere le qualità dei singoli colori e i loro effetti psicologici, valutandone il potenziale espressivo fin nelle più sottili sfumature e formulando un puntuale confronto con i suoni di vari strumenti musicali. Tutte queste considerazioni si basano su studi precedenti, dalla teoria dei colori di Goethe alle ricerche di artisti come Tumer, Delacroix e Signac o di scienziati come Chevreul; Kandinsky è però il primo a collegare quelle intuizioni con lo studio dell'interiorità dell'uomo, basandosi anche sulle suggestioni della poesia simbolista, della musica e dei misteriosi universi dell'occultismo e della magia. Nuova è anche l'intonazione passionale, quasi profetica di queste sue pagine, che testimoniano la consapevolezza della funzione innovatrice dell'artista nella società.
Dopo aver osservato che esistono due fondamentali contrasti    
coloristici, quello fra caldo e freddo e quello fra chiaro e scuro, Kandinsky    
passa in rassegna i principali colori descrivendone le "possibilità    
interiori", dal giallo "folle di energia ma incapace di    
profondità", paragonabile al suono di una tromba o di una fanfara, al blu,    
profondo e nostalgico, che evoca l'idea del cielo e che, a seconda    
dell'intensità, viene accostato al violoncello, al contrabbasso o, nella    
dimensione più scura e solenne, all'organo. Occorre notare che in tedesco    
"blau" significa sia azzurro che blu. Il verde, nato dalla mescolanza    
di giallo e blu, è il  colore della quiete, che però può sfociare in noia o    
indifferenza e viene paragonato al suono del violino. Il bianco equivale al    
"non-suono" e quindi al silenzio e alla pausa musicale, mentre il nero    
rappresenta invece il silenzio definitivo, un "nulla senza    
possibilità" e quindi dal punto di vista musicale corrisponde alla    
"pausa finale" di una composizione; il grigio, nato dalla loro    
unione, è "silenzioso e immobile", senza speranza. 
Kandinsky si sofferma a lungo sul rosso, colore energico e    
dinamico che però è soggetto a moltissime variazioni: il rosso "caldo    
chiaro" dà una sensazione di forza ed è paragonabile al suono assordante    
delle fanfare con tuba; H rosso "medio" è stabile e sicuro come il    
rullo di un tamburo, ma se accostato al blu si spegne "come un ferro    
infuocato"; il rosso "freddo" infine appare più corporeo e viene    
accostato alla passionalità dei toni medi del violoncello. L'arancio emana    
sensazioni di forza e sicurezza ed è paragonato alla "campana    
dell'Angelus", mentre il viola appare "malato e triste" e viene    
avvicinato al corno inglese o alla zampogna. Alla fine della panoramica sui colori, Kandinsky dispone i    
tre primari e i tre secondari in posizione opposta lungo una circonferenza,    
simbolo di infinito e di eternità, al di fuori della quale figurano fl bianco e    
il nero che simboleggiano il silenzio della nascita e della morte.
Quanto al    
rapporto fra forma e colore, esso è,    
secondo Kandinsky, strettissimo e non necessariamente sempre armonico, anzi    
talvolta conflittuale ma comunque sempre ricco di potenzialità espressive.    
"E facile notare che certi colori sono potenziati da certe forme e    
indeboliti da altre. In ogni caso i colori squillanti si intensificano se sono    
posti entro forme acute (per esempio un giallo in un triangolo); i colori. che    
amano la profondità sono rafforzati da forme tonde (l'azzurro, per esempio da    
un cerchio). IL chiaro però che, se una forma è inadatta a un colore, non    
siamo di fronte ad una 'disarmonia', ma a una nuova possibilità, cioè a una    
nuova armonia. Se il numero delle forme è infinito, sono infinite anche le loro    
combinazioni e i loro effetti. t un materiale inesauribile."
Negli anni del Bauhaus Kandinsky da un lato riflette sulle    
possibilità dell'applicazione delle sue teorie alla pratica dei laboratori,    
dall'altro approfondisce la sua ricerca sul colore adattandola alle esigenze di    
sistematicità legate alla didattica: studia infatti il linguaggio delle forme e    
dei colori e le leggi che regolano le loro combinazioni e le loro tensioni (vedi    
il capitolo La forma in Kandinsky e il quaderno n. 3 della Fondazione    
Mazzotta dedicato al Bauhaus). L'opera d'arte è un'organizzazione di tensioni    
volta a produrre l'effetto o "suono" massimo, attraverso il contrasto    
degli elementi, e il massimo contrasto è quello che si crea tra    
verticale e orizzontale e tra giallo e blu.
La gamma cromatica delle opere parigine risulta più varia e    
include anche tonalità delicate oppure scure e cupe. Tuttavia le idee di    
Kandinsky rimangono invariate, nonostante le traversie della sua vita e gli    
incontri con esponenti importantissimi di vari movimenti contemporanei. La sua    
estrema coerenza di pensiero è confermata da un importante articolo del 1938    
sull'arte "concreta" nel quale egli ripropone, senza grandi    
variazioni, le sue considerazioni sul colore e il tema dell'affinità fra musica    
e pittura che, come abbiamo visto, era stato il punto di partenza delle sue    
ricerche giovanili e il fulcro della sua riflessione teorica.