la musica e kandinsky
7. Kandinsky e la musica (Alessandra Pino)
Kandinsky si interessa fin da bambino alla musica e all'arte     
e impara a suonare il violoncello e il pianoforte. Più tardi, nel 1896, come     
racconta egli stesso nello scritto autobiografico Sguardo al passato,     
ascoltando il Lohengrin al Teatro Bolscioi ha l'impressione di vedere la     
sua Mosca "dipinta musicalmente" da Wagner: "vidi nella mente     
tutti i miei colori, erano davanti ai miei occhi." t in questo modo che     
Kandinsky, grazie alle sue non comuni capacità sinestetiche, ha una delle     
intuizioni più importanti per lo sviluppo della sua pittura, comprende cioè la     
valenza  musicale del colore e      
l'importanza del rapporto fra musica e pittura. Torna su questo tema nello Spirituale nell'arte dove,     
attraverso continui rimandi alla musica, al teatro, alla danza e alla poesia,     
enuncia il progetto di sintesi delle arti, che diviene la finalità della sua     
ricerca artistica soprattutto nel periodo monacense, ma continua anche negli     
anni del Bauhaus. Secondo Kandinsky le diverse arti sono equivalenti fra loro in     
quanto tutte manifestazioni dello spirito umano e la loro interazione ne aumenta     
la forza espressiva; di conseguenza anche il coinvolgimento dell'osservatore     
diventa più intenso. A sostegno delle sue tesi, in particolare sulla     
comparazione fra gli effetti del colore e del suono, cita esperimenti di     
educatori, psicologi e musicisti, soprattutto russi, volti a "vedere     
cromaticamente i suoni e udire musicalmente i colori". Negli stessi anni che vedono svilupparsi le riflessioni     
teoriche dello Spirituale nell'arte, nascono i primi dipinti astratti i     
cui titoli rivelano chiaramente gli interessi e gli studi di Kandinsky.     
Appartengono a questo periodo, fra l'altro, le Composizioni, Impressione III,     
che ha come sottotitolo  Concerto e Con l'arco nero che è, come     
afferma lo stesso artista, la dimostrazione pittorica della     
"dissonanza". In questi quadri l'autore si propone di suscitare     
emozioni attraverso il potere evocativo di 
 
forme e colori, il cui accostamento     
non intende comporre un racconto, ma va inteso come pura espressione. Anche le opere teatrali Suono giallo, Suono verde, Nero e     
bianco, e infine Viola, per il quale Kandinsky scrive personalmente     
alcune melodie, sono il frutto del lavoro di questo momento particolarmente     
creativo. Queste composizioni sceniche, nelle quali l'artista si propone di     
realizzare un'opera d'arte totale attraverso l'interazione di musica, luce,     
colore, movimento e parola, superano la mimesi del reale e creano dimensioni     
autonome non oggettive. Sempre allo stesso periodo infine risalgono le poesie     
che, non a caso, Kandinsky intitola Suoni (vedi il capitolo Kandinsky e     
la poesia).
Negli stessi anni Arnold     
Schónberg, compositore viennese     
decisamente innovatone che la critica mette in rapporto con Kandinsky per     
l'analogia degli esperimenti artistici, intitola Colori uno dei Cinque     
pezzi per orchestra, op. 16, nel quale cerca di cogliere gli effetti     
della luce del sole che si riflette sulla superficie di un lago e nel Manuale     
di armonia del 1911 parla, fra l'altro, del suono-colore e della melodia dei     
timbri. Come Kandinsky Schónberg, che è anche pittore, aspira alla sintesi     
delle arti e nella Mano felice, composizione scenica del 1913, tenta di     
rappresentare una realtà che non rispecchia più il mondo reale ma lo supera.     
"L'insieme non deve imitare la natura, ma deve essere una libera mescolanza     
di colori e di forme." Anche se questa affermazione non fu poi seguita da     
una realizzazione altrettanto convincente, non si  
  
può non riconoscervi una     
straordinaria vicinanza di intenti rispetto a Kandinsky. Ma la vera conquista di Schónberg è quella di dimostrare     
che gli elementi costitutivi della musica, quali tono armonia, e ritmo, potevano     
essere svincolati dalle forme e dalla sintassi tradizionali. Nel sistema tonale     
tradizionale, come spiega C. Hailey nel catalogo della recente mostra su     
Schónberg allestita alla Triennale di Milano, "la dissonanza e la     
consonanza gravitano intorno all'altezza di un singolo suono o a una singola     
tonica"; Schónberg sovverte questa legge compiendo un'operazione analoga a     
quella di Kandinsky in pittura. Come Kandinsky approda all'astrazione, così     
Schónberg, nello stesso periodo, crea il nuovo linguaggio della musica atonale     
o, come egli preferiva definirlo, della "dissonanza emancipata", che     
consisteva nella "liberazione di ciascun suono, permettendogli di creare il     
suo proprio contenuto espressivo nel contesto specifico di ogni brano".     
Nello stesso tempo il compositore, ricercando solo la purezza e la funzionalità     
delle combinazioni sonore, riduce la durata dei pezzi e ne condensa     
l'espressione, proprio come in pittura Kandinsky evita la narrazione, accorcia e     
semplifica le forme.
Più tardi Schónberg lavora alla costruzione di un nuovo     
sistema di riferimento, che sostituisce la scala delle sette note organizzata     
intorno a un centro tonale. Nasce così, tra il 1920 e il 1923, il sistema     
dodecafonico. "Ogni brano doveva essere creato in base a una successione     
preordinata dei dodici suoni della scala cromatica, detta serie dodecafonica. Al     
fine di assicurare l'integrità di questo universo dodecafonico, nessun suono     
poteva essere ripetuto finché non fossero apparsi tutti gli altri undici. Ogni     
serie di dodici note è come una forma fluttuante nello spazio. Essa resta     
invariata, sia che la si osservi frontalmente o da dietro, dall'alto o dal     
basso." Per comporre i suoi pezzi Schónberg crea anche strumenti     
matematici che facilitano l'individuazione dei rapporti seriali e delle loro     
possibili variazioni. Negli stessi anni Kandinsky si volge verso la geometria     
delle forme e crea un nuovo linguaggio che svilupperà, anche dal punto di vista     
didattico, nel periodo del Bauhaus: tipici esempi della pittura di questo     
momento sono le composizioni con i cerchi e i triangoli come Sullepunte     
                

Nonostante le differenze di origine e di cultura, è innegabile che fra i due artisti esiste una forte affinità e una comunanza     
evidente di intenti. Per entrambi l'opera d'arte è mezzo di comunicazione     
spirituale da parte dell'autore che agisce seguendo la "necessità     
interiore". Entrambi pongono fl contenuto al di sopra della forma e     
antepongono la verità alla bellezza; li accomunano inoltre lo spirito ribelle,     
la polemica contro il materialismo, l'interesse per teosofia, spiritismo e     
occultismo, l'onestà intellettuale e l'impegno pedagogico.Quanto all'influsso reciproco, talvolta eccessivamente messo     
in risalto dalla critica, è necessario tenere presente che, negli anni cruciali     
della loro ricerca teorica, essi non si conoscono ancora: l'incontro avviene     
infatti solo nel gennaio del 191 1, quando Kandinsky assiste a un concerto di     
Schónberg e, non a caso, è uno dei pochi ad apprezzarlo. Alcuni mesi dopo,     
iniziano lo scambio di corrispondenza e l'amicizia fra i due artisti, in virtù     
della quale Kandinsky ottiene fra il 1911 e il 1912 uno scritto sulla musica e 
 
alcune partiture che verranno pubblicati nell'almanacco del Cavaliere     
azzurro. Lo scambio epistolare cessa durante la prima guerra mondiale e     
successivamente, a causa di un malinteso riguardo al presunto atteggiamento     
antisemita di Kandinsky, l'amicizia si rompe. Anche dopo il casuale incontro del     
1927, i contatti fra i due artisti si fanno più rari, per interrompersi     
definitivamente poco dopo l'emigrazione di Schónberg in America avvenuta nel     
1934.
Concludendo, abbiamo visto che il cammino teorico e i risultati raggiunti da Kandinsky e da Schónberg sono molto simili: sono entrambi dei pionieri che incidono fortemente sullo sviluppo dell'arte del nostro secolo modificandone radicalmente il linguaggio.