Fedi e mondo

Mozart a Firenze, Buddha a Bisanzio con Maria Soresina, Silvia Ronchey - sabato 12 gennaio 2013 

Un originale parallelo tra la Commedia  e "Il Flauto Magico" di Mozart al centro della prima parte della puntata di oggi.  Rileggendo il libretto di Emanuel Schikaneder, che molti critici - considerandolo una fiaba -  hanno ritenuto confuso e sconclusionato,  Maria Soresina, scrittrice e autrice di vari studi su Dante, mette in risalto  alcune straordinarie analogie del libretto con l'opera dantesca a cominciare dalla prima scena che vede Tamino, il protagonista, fuggire davanti a un serpente proprio come Dante davanti alle tre bestie . "Il Flauto Magico" dunque, come  cammino iniziatico che comporta dolore, superamento di molteplici prove per approdare a una trasformazione interiore.

Nella seconda parte, (dal minuto 23,00)  Silvia Ronchey storica della cultura bizantina, racconta  un'altra storia di contaminazione tra culture da cui si evince che già intorno all'anno mille dietro l'identità di due santi cristiani si cela la figura del Buddha

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Letture

Maria Soresina, Mozart come Dante. Il flauto magico: un cammino spirituale, Moretti e Vitali 2011


Storia di Barlaam e Ioasaf. La vita bizantina del Buddha a cura di Paolo Cesaretti e Silvia Ronchey, Einaudi 2012 

Capofila di tutte le storie cristianizzate del Buddha, questo testo bizantino degli anni intorno al Mille ha una genesi affascinante tra il Caucaso e il Monte Athos, in un intreccio di lingue, culture e religioni diverse. o dei secoli.
La Storia di Barlaam e Ioasaf racconta di un principe indiano che, grazie agli insegnamenti di un anacoreta, fugge dal palazzo dove il padre l'ha rinchiuso per proteggerlo dai mali del mondo, abbandona il destino regale e avvia il suo percorso mistico-eremitico. Che la storia ricalcasse quella del Buddha se ne erano accorti già gli studiosi di fine Ottocento, ma la matassa dei passaggi e delle mediazioni è stata dipanata solo in anni recenti, anche grazie all'edizione critica pubblicata da Robert Volk nel 2009. Basandosi sul suo testo e sui suoi apparati, Paolo Cesaretti consegna ai lettori una puntuale revisione della traduzione (di entrambi i curatori) e una ristrutturazione delle note e degli indici, che completano l'informazione aggiornata sull'insieme dell'opera fornita nel saggio introduttivo. Tutto questo rinnova profondamente l'edizione firmata dai due studiosi nel 1980. Si possono cosí apprezzare appieno per la prima volta sia le qualità narrative del testo sia la ricchezza allusivo-sapienziale delle parabole incastonate nel racconto, che hanno affascinato e influenzato molti scrittori nel corso dei secoli, da Iacopo da Varazze a Boccaccio, da Shakespeare a Tolstoj.



«C'è un personaggio singolare, in questo libro, cui viene dato il nome di Guaritore dei Discorsi. Quando nella discussione si profila un dissidio insanabile, un'aporia, questo terapeuta (therapeutes) interviene a sanarne i termini: a curare i tranelli delle domande, prima ancora che le risposte, per far uscire il discorso dall'impasse in cui è caduto e guarire il dialogo malato, evitando il degenerare dei conflitti.
Anche questo libro guarisce. Cura, ad esempio, i nostri discorsi sul presunto scontro di civiltà che dalla fine del XX secolo, dopo la caduta dei due imperi eredi di Bisanzio - l'impero ottomano all'inizio del Novecento, quello zarista, poi sovietico, alla sua fine -, sembra dominare il mondo attuale. (...) Il Barlaam e Ioasaf, non solo con la sua storia ma già nella storia della sua storia, cura la nostra logica. Il monstrum interconfessionale che ci consegna è l'epifania di un passato che garantisce la composizione degli scontri. Un passato bizantino fatto di ortodossia, ma anche di convivenza e mediazione religiosa, che col suo stesso esistere ci ricorda come tra civiltà siano invece possibili, spesso, degli incontri».

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