Prevenire il cancro: un'ora tutta per sè, ogni giorno.
                  Gli oncologhi concordano: 
                  le nostre emozioni sono determinanti nell'insorgere 
                  della malattia. Ma anche nella sua cura. Di Mara 
                  Accettura da la Rebubblica - D
                   
 
Il 
            dato è inconfutabile: una persona su due nel corso della vita si 
            ammala di cancro. Sebbene l'aumento dei casi sia collegato con 
            l'allungamento della vita media è anche vero che rimangono domande 
            a cui non sappiamo dare una risposta. Ci sono quelli geneticamente 
            "predestinati" che non lo contraggono e viceversa. Ci sono 
            quelli teoricamente in ottima salute, perchè seguono regimi di vita 
            ideali, che ne sono colpiti. E magari fumatori accaniti che si 
            ammalano di tutt'2altro. Perchè?
            Christian Boukaram è un giovane oncologo canadese convinto che, 
            sebbene le cause del cancro siano multifattoriali, le emozioni 
            giochino un ruolo fondamentale. "Quando ho cominciato questo 
            lavoro ero sicuro che non fosse alcuna relazione tra mente e sa 
            lute. Era una questione di Dna e basta. Mi sono dovuto 
            ricredere", dice.  Nel 
            suo libro Il potere anticancro deli emozioni (Urra) Boukaram 
            ribadisce che vedere a malattia solo da un punto di vista fisico non 
            è sufficiente. non è sufficiente nemmeno aggiungere la variabile 
            dell'ambiente. C'è un nesso mancante che concerne la sfera 
            psichica. "Gli studi indicano che pensieri, le emozioni, la 
            personalità, lo stile di vita e l'ego sono fattori molto importanti 
            nella comparsa e nella gravità della malattia", dice. Il 
            sistema immunitario per esempio funziona benissimo quando ci 
            sentiamo in equilibrio, mentre un periodo protungato di stress, di 
            lutto, o di depressione... e come se lasciassero Ia porta aperta 
            agli intrusi". Lo si è visto in tanti esperimenti. In uno in 
            particolare, hanno iniettato dell'adrenalina, l'ormone dello stress, 
            in animali malati di tumore. Con questa sostanza acquisivano la 
            capacita di aumentare in modo spettacotare, fin a 30 votte, 
            l'aggressività della malattia e la comparsa di metastasi. 
            D'accordo, si tratta di animali - e sarebbe moralmente eccepibile 
            fare una sperimentazione del genere sugli uomini. tuttavia è un 
            esempio che fa riflettere. Senza cadere nella trappola del pensiero 
            magico, uno stato mentate può avere un certo effetto 
            sull'insorgenza o l'andamento della malattia?
"La 
            depressione per esempio può avere un ruolo, anche se non certo 
            l'unico", dice Giovanna Gatti, senologa dell'istituto 
            Oncologico Europeo e scrittrice. "Ascolto le donne che arrivano 
            da me con un tumore al seno, e sono tante: chissà come, nel mesi o 
            pochi anni precedenti la diagnosi trovo sempre un lutto, un trauma, 
            un grande dispiacere. E un conseguente stato depressivo più o meno 
            riconosciuto. Un caso? Alcuni studi per la verità esistono, molti 
            colleghi hanno già dimostrato che una relazione tra depressione e 
            insorgenza del tumore esiste. Quale, non si sa bene. Ma c'è. Tra 
            colleghi ne discutiamo spesso, ma queste convensazioni non niescono 
            a trastormansi in studi scientifici". Anche Aron Goldhinsch, 
            oncologo dello Ieo, riconosce che nella storia del pazienti c'è 
            spesso un trauma. "Ricordiamoci però che la nascita di un 
            tumore e legata a una serie di alterazioni del Dna che non vengono 
            riparati: difficile pensare che la depressione da sola possa esserne 
            responsabile. Tumori e depressioni sono malattie diffuse. Non si può 
            stabiline un nesso diretto di causalità".
vero 
            d'altra parte che la consapevolezza di avere questa malattia può 
            scatenare risposte angoscianti. II paziente si troverà a farsi 
            delle domande esistenziali forse per Ia prima volta. Avrà paura del 
            futuro, della sofferenza, della monte. Si sentirà solo. II momento 
            della diagnosi è allora cruciale. "La prevenzione del tumore 
            al seno, per esempio, Si basa sulla diagnosi preco ce, che permette 
            di di salvare migliala di vite e sottopone le donne a esami preziosi 
            e stressanti nello stesso momento. Quando si trovano lesioni 
            tumorali piccolissime, che vanno operate e trattate con le terapie, 
            mi chiedo quante di queste lesioni fossero dawero destinate a 
            provocare ii tumore e quante invece no. Chiaro che dal punto di 
            vista medico la domanda sia sciocca: se si diagnostica un tumore 
            anche microscopico, va trattato. Ma quella persona da un certo 
            momento sa di avere un tumore e la consapevoiezza di essere malati e 
            uno del peggiori elementi per riconquistare la salute", spiega 
            Gatti.
Questo 
            stato mentale negativo puo avere effetti persino sulle terapie. 
            "In realta può peggiorare molto anche l'adesione alla cure e 
            l'alleanza terapeutica con i medici", aggiunge Goldhirsch. 
            "Il nostro sistema immunitario risponde agli impulsi emotivi, e 
            non solo a quelli: è noto che uno stato depressivo può inibirlo, 
            cioè ridurne temporaneamente l'efficacia". Oppure lo stress 
            "potrebbe influenzare i ritmi del sonno e magari spingere il 
            paziente a bere o a fumare, a smettere di fare del movimento fisico 
            e tutto questo potrebbe ulteriormente danneggiare lo stato di 
            salute", dice Boukaram. Ecco perchè è molto importante non 
            lasciare le persone malate da sole. "Spesso noi oncologi 
            operiamo e di mettiamo le persone senza curarci troppo di quello che 
            accade dopo, quando tornano a casa", dice Boukaram. 
            "Magari non diamo informazioni sufficienti. Siamo bravi a 
            curare il tumore ma non a "guarire" il paziente, ovvero a 
            far sentire meglio lui". II risultato? "I pazienti hanno 
            molta paura. Vanno su Internet - la meta di loro non ce lo dice 
            nemmeno - e li trovano di tutto: da cure alternative valide, che 
            possono fare da complemento a quelle tradizionali, a delle vere e 
            pericolose cialtronate". La meditazione, lo yoga, l'omeopatia 
            rafforzano il sistema immunitario e vengono utilizzati in diversi 
            centri. La loro efficacia e dimostrata. "Ma vorrei che fosse 
            chiaro: nessuna terapia alternativa sostitusce le terapie 
            tradizionali" avverte Boukaram
Un 
            modo dunque per prevenire o controllare il cancro passa attraverso 
            il controllo della paura? II saper ascoltare le proprie emozioni? 
            "Si. Non sarei un medico completo se dimenticassi di aiutare le 
            pazienti a indagare su se stesse e a ristabilire un 
            equilibrio", dice Gatti." Ascoltarsi, conoscersi, 
            regalarsi tempo. II tempo per se stessi è ormai quasi assente nel 
            quotidiano di tutti, ed è un male. Dovrebbe essere obbligatorio, 
            insegnato nelle scuole:
minimo 
            un'ora al giorno solo per nutrire l'anima (o la psiche o le 
            emozioni, scegliete voi)".
Fare 
            Ia guerra (per usare una brutta espressione) alle cellule cancerose 
            non basta. "Bisogna stabilire anche programmi di sostegno 
            emotivo e spirituale nei centri oncologici", dice Boukaram. E 
            cercare di dare ai pazienti tutte le informazioni anche sulle cure 
            alternative, cosa che è presente su molti siti di centri (vedi 
            quello del Memorial Sloan Kettering, forse il più completo: 
            http://www.mskcc.org/cancer-care/integrative-medicine).
"La 
            dignità è il pensiero rivolto alla vita, a tutto ciò che la 
            compone, e non solo alla malattia: la persona non è la sua 
            malattia, continua a essere persona e come tale deve essere 
            considerata", dice Goldhirsch. l'ascoltare le proprie emozioni 
            è quindi parte della terapia, nel senso che aiuta a cornprendere 
            cosa doni equilibrio e cosa no. 
Curare 
            un paziente che si conosce e fa tutto per restare in equilibrio, per 
            donare a se stesso emozioni positive, ha senza dubbio una 
            probabilità migliore di successo terapeutico.
In 
            questo senso i sentimenti positivi sono dawero 
            "anticancro", come ha anche decretato lo scorso giugno la 
            rivista Psycho Oncology (da notare questa nuova branca della 
            scienza, la Psiconcologia presente anche allo IEO per aiutare i 
            pazienti lungo il percorso della cura) in un lungo articolo 
            intitolato Mind matters in cancer survival. "Certo, l'influenza 
            della mente è difficile da misurare scientificamente, proprio perchè 
            parliamo di una cosa soggettiva, ma trovare un significato alla 
            propria vita e alla malattia aiuta moltissimo", dice Boukaram. 
            "Il cancro non è un fallimento - nemmeno la morte lo è - ma 
            una difficoltà, e può essere l'occasione per lavorare su di se e 
            riconnettersi al proprio centro".
Ci 
            sono guarigioni che hanno del "miracoloso", come quella 
            dello psichiatra David Servan-Schreiber che, grazie a un metodo di 
            cura alternativo basato su sport, alimentazione povera di 
            carboidrati bianchi e meditazione, è sopravvissuto 21 anni a un 
            grave tumore al cervello. "Personalmente in ospedale ho 
            assistito a tanti casi di malati gravi che hanno prolungato la loro 
            vita perchè volevano assistere a un evento felice come la nascita 
            di un bambino, il matrimonlo di un figlio", dice Boukaram. 
            "Le emozioni aiutano tanto quanto le terapie", conclude 
            Gatti. "Non significa che un paziente per guarire debba ridere 
            per forza: emozione Positiva è anche elaborare e conoscere se 
            stessi, perdonarsi e perdonare. La creatività per esempio è un 
            modo eccellente per tirare fuori le emozioni senza che facciano 
            troppo male scrivere, dipingere, recitare... Ogni metodo creativo può 
            essere buono. Tirare fuori l'emozione e non lasciarla nascosta in 
            fondo a noi, dove può fare molto male".
E' 
            d'accordo anche Goldhirsch. "Le terapie più avanzate ed 
            efficaci possono solo una parte del trattamento, la cosiddetta 
            "compliance", cioè l'adesione e collaborazione del 
            paziente, ~ necessaria. E la compliance ha bisogno di emozioni 
            positive, di uno scopo per vivere. Difficile che il paziente 
            oncologico abbia sentimenti positivi, ma gli sforzi di chi cura 
            devono essere volti anche a ristabilire nei pazienti la 
            consapevolezza di sè, il gusto per la vita, l'amore per ciò che ha 
            sempre significato qualcosa".
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